Il rialzo dei tassi di interesse a livello internazionale che si è verificato da maggio in avanti pone un interrogativo sull’opportunità di modificare i propri investimenti obbligazionari.
È necessario, prima di entrare nel merito, esaminare quali sono le strategie e gli strumenti da utilizzare in uno scenario di rialzo dei tassi senza entrare nel merito del rischio emittente.
Le attese di rialzo dei rendimenti conducono ad una riduzione dei prezzi dei titoli a tasso fisso: questo quindi potrebbe andare ad impattare sulle performance di portafoglio. Le cedole potrebbero non essere neanche sufficienti a coprire il ribasso dei prezzi. (Segui tassi, rendimenti governativi, costo del funding, spread su finanziamenti su www.aritma.eu).
Le strategie di portafoglio da adottare nel caso in cui si ipotizzi un rialzo dei tassi sono quelle di abbassare la vita residua del portafoglio: vendere la parte lunga della curva dei rendimenti e posizionarsi su quella a breve è la prima mossa che normalmente viene eseguita.
Tra i titoli a breve di pari durata a quel punto, ma il ragionamento vale in generale, si ha maggior protezione se si acquistano titoli a cedola elevata; la cedola è una sorta di scudo che protegge il titolo dalle variazioni dei tassi e quindi dei prezzi. Un’obbligazione zero coupon (senza cedola) è completamente esposta a variazione dei tassi ed è quindi un titolo da comprare solo nei momenti in cui si attende una riduzione dei rendimenti.
Se vogliamo poi confrontare titoli di durata anche diversa e con cedole diverse è necessario ricorrere alla “duration” che permette di valutare la rischiosità di un titolo (più è alto il valore della duration più è rischioso il titolo). Infine, ma è un aspetto decisamente tecnico, può essere considerata la convessità del titolo (con questo indicatore si coglie il grado di curvatura della funzione prezzo-rendimento che invece la duration trascura; la regola è che, a parità di duration, risulta più appetibile quello che presenta grado di convessità maggiore).
L’altra mossa efficace per difendere un portafoglio in caso di ipotesi di rialzo dei tassi è quella di passare da titoli a tasso fisso a titoli a tasso variabile. La scelta della tipologia di tasso variabile deve essere fatta con una certa attenzione tenendo conto del parametro di indicizzazione e della velocità di “revisione” delle cedole. In generale, la regola è quella di stare più aderenti possibili al mercato: è meglio quindi scegliere titoli con cedola trimestrale piuttosto che semestrale o annuale (a parità di altre condizioni).
Un altro modo per tentare di proteggere un portafoglio obbligazionario a tasso fisso da un rialzo indesiderato dei rendimenti è quello di coprire il portafoglio attraverso la vendita di contratti Future. In tal caso, padroneggiando adeguatamente lo strumento, si possono neutralizzare completamente o parzialmente gli effetti negativo del rialzo dei tassi sui prezzi dei titoli in portafoglio. Se per ipotesi la copertura fosse perfetta il rendimento del portafoglio sarebbe quello delle cedole.
Quelle elencate sono regole generali e sono efficaci soprattutto in caso di spostamenti paralleli della curva dei rendimenti. Quando invece si attende un movimento della curva non parallelo si possono utilizzare strategie più efficaci a seconda che si assista ad un appiattimento della curva (flattening) o ad un suo irripidimento (steepening).
A maggio i rendimenti dei decennali Btp (3,8%), Bund (1,2%), Bond Usa (1,62%), Gilt 2,95% e Jap (0,57%) hanno iniziato a salire in concomitanza con due eventi: un miglioramento del ciclo economico americano ed europeo e un contestuale aumento delle probabilità che la Fed iniziasse la riduzione del Quantitative easing (alla riunione di giugno Bernanke parlò chiaramente di un inizio di riduzione entro fine anno).
Da allora i rendimenti governativi hanno iniziato a salire fino a dei massimi del 4,9% per il Btp, del 2,02% per il Bund 10, del 3% per il Bond Usa, del 3,73% per il Gilt inglese e dello 0,94% per il decennale del Sol Levante.
È quindi evidente che c’è già stata una riallocazione dei portafogli soprattutto a vantaggio della liquidità e dei mercati azionari. Tuttavia, quando i mercati si muovono, spesso lo fanno in modo estremo portando i prezzi su valori consoni ad uno scenario che va anche oltre le attese.
Quando gli operatori si sono accorti di essersi spinti oltre, corroborati in ciò da alcuni dati Usa inferiori al consenso e soprattutto per via dell’inaspettata retromarcia della Fed sul QE, hanno iniziato a riposizionarsi acquistando nuovamente titoli governativi a lungo termine a tasso fisso. Oggi i Btp 10 sono al 4,35% ma sul rientro ha pesato soprattutto la schiarita politica e ben poco una revisione delle aspettative sui tassi. Il Bund 10 è all’1,8%, il Bond Usa al 2,65%, il Gilt al 3,55% e del Giapponese allo 0,65%.
È probabile che l’uscita dal tasso fisso avvenga lentamente e a step successivi coerentemente con una serie di dati che possa confermare la ripresa americana su livelli tra il 2,5% e il 3% per il 2014 e che riporti i rendimenti reali su valori più consoni alle medie storiche. Nel breve, innalzamento del tetto del debito a parte che riteniamo si risolverà con un accordo in extremis, il principale market mover per i tassi, nel breve, è rappresentato dalla politica della Fed.
Se dal breve passiamo a considerazioni più di lungo/lunghissimo periodo vi sono anche altre variabili che influenzeranno la dinamica dei rendimenti oltre alle politiche monetarie, alla crescita e all’inflazione. In primo luogo stiamo assistendo ad un invecchiamento della popolazione in tutte le principali economie avanzate che sta coinvolgendo pienamente anche gli Usa. Questo favorirà il ricorso a investimenti conservativi e quindi aumenterà la richiesta di titoli governativi con conseguente pressione al ribasso sui rendimenti.
Un altro fattore che contribuirà a mantenere bassi i rendimenti è la penuria di titoli governativi Investment grade (i più sicuri). Molti fondi di investimento hanno regolamenti che permettono di investire solo su questa tipologia di titoli. Inoltre alcuni Paesi (è il caso della Germania) avendo i conti pubblici più che a posto avranno meno necessità di ricorrere al mercato diminuendo ancor più l’offerta.