Questo atteggiamento fino a qualche anno fa non era penalizzante più di tanto. Quando mancavano una decina d’anni circa all’età di presunto pensionamento si andava all’INPS o al proprio ente di previdenza, ci si faceva fare “l’esplorativa” e si cominciava il conto alla rovescia sapendo che dal giorno “x” l’attività lavorativa sarebbe cessata ma che l’assegno mensile dell’INPS “a grandi linee” sarebbe stato di importo poco inferiore (80-90% circa) all’ultima retribuzione percepita.
Se escludiamo coloro che andranno in pensione nei prossimi 5-7 anni, per tutti gli altri questo ragionamento non sarà mai più valido. Infatti nel 1995 la riforma Dini (L. 335/95) ha, per sempre, cambiato le regole.
La sostituzione, seppur graduale, del metodo di calcolo dell’assegno di pensione da “retributivo” a “contributivo” ha comportato e comporterà un generalizzato abbassamento delle prestazioni pensionistiche pubbliche e di categoria, anche influenzate, per fortuna, dall’allungamento dell’aspettativa di vita media di uomini e donne. Infatti le prestazioni oggi previste dal primo pilastro previdenziale per coloro che andranno in pensione nei prossimi decenni, prevedono un assegno non superiore al 50% ( ! ) dell’ultimo stipendio.
Da parte pubblica si sono fatti non pochi tentativi di compensare il previsto brusco abbassamento delle prestazioni pensionistiche. La riforma Maroni del 2004 ( L.243/04), per esempio, ha incentivato il ricorso da parte del lavoratore alla previdenza complementare con l’istituzione di versamenti aggiuntivi del lavoratore e del datore di lavoro ai fondi di categoria e con la possibilità di utilizzare per il medesimo scopo il TRF in accantonamento.
E’ certo che queste due componenti non riusciranno comunque a garantire al neo pensionato del 2030 un assegno di pensione simile all’ultimo stipendio percepito. E’ quindi ormai necessario interessarsi sin da giovani alla propria pensione.
Il tema della previdenza integrativa è infatti balzato agli onori della cronaca negli ultimi 10 anni, peccato che il messaggio è stato veicolato, utilizzato e “ammaestrato” da chi ha avuto ed ha tutt’ora un grande, enorme interesse economico sull’argomento.
Se è vero che il tema è giusto e importante è anche vero che è stato da anni ormai utilizzato da compagnie assicurative e banche come pretesto per un collocamento di massa di prodotti assicurativo-finanziari apportatori di grandissimi margini di guadagno, per le banche e assicurazioni ovviamente ! Le polizze vita, le unit-linked in particolare, hanno così alti margini di guadagno per chi le vende, da aver giustificato la nascita di intere strutture commerciali aventi il solo scopo di piazzare sul mercato tali prodotti.
Collocamento avvenuto in quantità davvero “industriali” in Italia negli ultimi anni ma che, seppur teoricamente stimolato dal voler affrontare e risolvere il problema del GAP previdenziale al quale incorreranno le future generazioni di pensionati, ha poi, purtroppo, lasciato sempre spazio alla logica della vendita fine a se stessa e pianificata per il mero conseguimento di elevati guadagni di Assicurazioni, banche e promotori finanziari.
I prodotti collocati soffrono infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, di gravi inefficienze gestionali nonché di strutture di costi espliciti e occulti che vanificano e rendono irraggiungibile l’obiettivo per il quale sono stati sottoscritti.
Il problema, però, rimane ed è quindi giusto e necessario affrontarlo.
Un’analisi seria (e non condizionata dal conflitto di interesse tipico del venditore di strumenti finanziari) della posizione del singolo lavoratore, una ricerca seria di strumenti efficienti, flessibili ed economici rendono possibile una corretta identificazione del problema , del conseguente obiettivo/soluzione e dei migliori strumenti per realizzarlo.
L’aiuto e la consulenza di un professionista qualificato possono dare al lavoratore di oggi e pensionato di domani una serenità e una sicurezza economica adeguata.
Non dimentichiamoci però che, essendo progetti di medio-lungo periodo, nessuno strumento per quanto efficiente e nessun professionista per quanto qualificato potranno far raggiungere l’obiettivo al futuro pensionato se questi non saprà essere sin da oggi “disciplinato”, costante e perseverante nella sua attività di accantonamento di una parte di reddito attuale a beneficio della sua rendita futura. E in questo senso prima si inizia e più sarà facile raggiungere il risultato desiderato.
Luca Rizzi